“Altro che autonomia differenziata, ci si fermi prima che sia troppo tardi e si affrontino i problemi reali del Paese. Il rapporto tra pensionati e occupati in Italia è sempre più sbilanciato, con un numero sempre maggiore dei primi e un numero sempre minore dei secondi, specie nel Mezzogiorno. In Basilicata, secondo gli ultimi dati della Cgia di Mestre riferiti al 2022, il saldo negativo è di 27mila unità (216.000 pensionati contro 189.000 occupati). È necessario invertire con urgenza questa tendenza, indirizzando gli investimenti del governo nazionale e regionale verso quelle azioni che mirano a considerare gli ultra cinquantenni come una risorsa e non come un costo. Bisogna cambiare le politiche pubbliche e di welfare da considerare una grande opportunità e cambiare paradigma nelle politiche di sviluppo e programma. Si frenerebbe così anche il fenomeno della migrazione dei pensionati e delle pensionate italiane all’estero: più di 317mila, con una media di uno al giorno”. Lo afferma in una nota il segretario generale dello Spi Cgil Basilicata, Angelo Summa.
“La denatalità, oramai strutturale – prosegue – sta riducendo il numero di giovani che entrano nel mercato del lavoro, mentre l’invecchiamento della popolazione sta aumentando il numero di persone in quiescenza. Ciò mette in affanno la sostenibilità del sistema previdenziale italiano, che rischia di non avere più risorse sufficienti per pagare le pensioni, con un timore diffuso nelle generazioni future e il welfare assistenziale. Un disastro che si innesta in un contesto nel quale la sanità pubblica è al collasso in Basilicata e assistiamo a una cronica carenza di medici, tanto che a Matera l’Asm ancora una volta ha pensato di richiamare i medici in pensione. Una condizione inaccettabile.
In un paese con la popolazione anziana tra la più alta al mondo (entro il 2050 la popolazione over 50 rappresenterà il 40% della popolazione totale) è arrivato il momento di investire nella cosiddetta Silver Economy”. Per Summa ciò significa “cominciare a programmare una rete di servizi che sia di sostegno e di supporto, anche sul versante economico, ai bisogni e alle aspettative di questa importante componente della popolazione. Per raggiungere un tale obiettivo è necessario tenere conto del fatto che gli anziani spendono (e in molti casi aiutano anche i figli) se restano in salute. Di qui l’importanza, strategica, di politiche di invecchiamento attivo che si configurano come un investimento e non un mero costo.
La seconda condizione è che si deve trovare un equilibrio con le giovani generazioni. Il sistema – aggiunge il dirigente sindacale – non può sopportare il loro progressivo impoverimento. Se i giovani hanno meno capacità di spesa, guadagnano di meno e posseggono meni beni non è per una sorta di condanna divina. Fa parte dell’ordine delle cose che all’inizio di una carriera lavorativa o di un progetto di vita i risparmi scarseggino, ma il divario economico tra giovani e anziani esiste anche perché oggi, rispetto al passato, è più presente la precarietà, la disoccupazione e la sottoccupazione.
Il tasso di occupazione giovanile tra i 15-24 anni in Italia è appena del 28% contro una media europea del 43,6%. Troppo basso in Italia è anche il tasso di occupazione femminile, pari al 55% contro una media europea del 69,3%. Non da ultimo bisogna agire anche sull’occupazione dei
lavoratori anziani della coorte 55-64 anni per i quali troppo spesso l’unica alternativa alla perdita del lavoro è il prepensionamento. E questa azione si realizza implementando la formazione continua e l’aggiornamento delle competenze lavorative.
Non è dunque tutto oro quello che luccica. Gli anziani che hanno una considerevole capacità di spesa – conclude Summa – sono pur sempre una minoranza, e sono concentrati nelle regioni del Nord. Per milioni di pensionate e pensionati, soprattutto al Sud (ma anche nel ricco e profondo Nord) la realtà è quella di assegni di importo attorno ai 500 euro. Qualunque strategia tesa a governare il fenomeno epocale dell’invecchiamento della popolazione non può quindi prescindere da considerazioni di equità e giustizia che devono attraversare tutte le età a partire da chi ha più bisogno di aiuto. Il Governo Meloni provveda subito a ripristinare uno strumento di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito che abbia carattere universale, come hanno tutti gli altri Paesi europei e garantisca un forte investimento nell’infrastrutturazione sociale per rispondere ai molteplici bisogni delle persone in condizioni di difficoltà e disagio. Se non uniamo tutte le forze democratiche e progressiste questo governo raderà al suolo ogni spazio democratico e i diritti dei lavoratori, oltre a scardinare i pilastri costituzionali: sanità pubblica e istruzione”.
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