In un servizio di Michelangelo Russo – pubblicato oggi sulle colonne de La Nuova del Sud – l’imprenditore Angelo Chiorazzo, candidato alla presidenza della Regione Basilicata sul versante moderato e progressista, fa un’interessante analisi sul sistema Salute in Basilicata.
A seguire l’articolo, che riportiamo integralmente.
POTENZA – Ogni dubbio è fugato. Il rapporto Svimez sull’Italia a due velocità nelle cure certifica come la situazione della Basilicata in questo settore sia ai minimi termini non solo nella percezione dei cittadini che quotidianamente avanzano la loro richiesta costituzionale di salute, ma anche nelle analisi degli osservatori indipendenti. Una situazione di cui parla non da oggi Angelo Chiorazzo. Lui, civico candidato alla presidenza della Regione sul versante moderato e progressista, è uno di quelli che di sanità se ne intende con un passato da fondatore di una cooperativa nata dal nulla e che oggi lascia forte di 2.500 persone che operano tra ospedali di eccellenza e centri di riabilitazione, dalla Lombardia alla Puglia.
Nella sua prima uscita pubblica da candidato ha parlato di un piano Marshall per la sanità lucana. C’è tutta questa urgenza?
Non c’è un attimo da perdere. E il parallelo col piano Marshall calza a pennello. Il programma messo su nel dopoguerra, infatti, si proponeva di porre rimedio alla desolazione lasciata dalle bombe salvando vite che, diversamente, si sarebbero perse per la povertà ed evitando emigrazioni di massa. Oggi la sanità lucana deve rimediare alla terra bruciata fatta da anni di cattiva gestione e salvare vite, perché è un fatto certificato da Svimez che nelle nostre aree del Sud si vive mediamente un anno e mezzo in meno e si muore di più, ad esempio, perché non si riesce a sconfiggere una patologia tumorale. E deve anche bloccare un’emigrazione sanitaria che non è più limitata solo ai periodi di cura: sono sempre più i giovani che, dopo essere emigrati per lavoro, ora scelgono di portare con sé i propri genitori ritenendo che qui non hanno un’assistenza adeguata. Una situazione che è però frutto anche di una differente disponibilità di risorse… Vero. Anche, ma non solo. E questo aspetto bisogna dirlo al Vito Bardi che senza colpo ferire si mette sugli attenti rispetto al diktat di un’autonomia differenziata che divaricherà ancor di più il diritto alla salute di chi risiede al Nord rispetto a quello di chi vive al Sud. Ma al Bardi che poi si lamenta con la cantilena rassegnata dei pochi fondi disponibili bisogna ricordare che c’è anche il tema del giusto utilizzo delle risorse. Facciamo qualche numero: la Basilicata ha una spesa corrente annua in sanità per ogni residente di 1.991 euro. Il Veneto di 2.269 circa il 12 per cento in più. Non è poco. Ma quando andiamo a guardare i dati di appropriatezza ed efficienza della spesa sanitaria la Basilicata, con la Calabria, è ultima in Italia con un indice di 30 punti su 100, il Veneto è primo con 59 punti; il doppio. Allora è chiaro che il problema non è solo delle risorse che si hanno, ma di come vengono utilizzate. Con un livello medio di efficienza potremmo fare un 50 per cento in più di quello che facciamo oggi.
Sta dicendo che le risorse ci sono? Che se e quando toccherà a lei la sanità andrà a posto?
Sto dicendo che si può fare meglio, molto meglio. Ma anche che bisogna stare attenti perché è possibile ancora fare molto peggio. Stiamo, infatti al bordo di una spirale che potrebbe risucchiarci senza scampo. Perché, intanto, i cittadini, comprensibilmente sfiduciati, vanno a curarsi altrove portano soldi del sistema sanitario rendendo più difficile invertire la rotta. Decine di milioni che la “povera” Basilicata paga a regioni ricche come la Lombardia rendendo ancor più forti quei sistemi sanitari e impoverendo il nostro. E le previsioni dicono anche che dovremo fare i conti con i tagli che lo spopolamento comporterà nel riparto del fondo nazionale. In questo clima, anche sprecare un cerotto è un delitto. Figuriamoci incertezze di gestione e contratti da centinaia di migliaia di euro per manager che, negli ultimi anni, sono saliti e scesi nelle nostre aziende sanitarie come si fa con un bus. Stare attenti alla spesa. Ma il risparmio non può essere un pericolo per i cittadini? Il pericolo è la mancanza di servizi o la presenza di servizi non affidabili. Una sanità che funziona è una sanità che razionalizza la spesa. Banalizzo dicendo che fare un accertamento in tempo, uno screening gratuito, un controllo periodico, possono essere un costo sul momento, ma mettono al riparo dai costi, umani ma anche economici, di dover affrontare patologie in fase avanzata. Detto questo, però, è chiaro che la Regione sulla sanità deve investire, in modo corposo e oculato. Anche perché non trovo eticamente, moralmente e costituzionalmente accettabile che la spesa ricada sui cittadini e chi può si cura chi no, non lo fa.
Ma su questo c’è da dire che il sistema sanitario italiano è gratuito e universale e che la stessa Svimez indica che i livelli essenziali di assistenza in Basilicata sono rispettati.
Nella forma è vero, nella sostanza va fatto un supplemento di riflessione: può definirsi servizio sanitario gratuito universale quello in cui un euro ogni quattro speso per la sanità proviene direttamente dalle tasche dei cittadini? E se in Italia mediamente le famiglie che si impoveriscono per affrontare spese sanitarie sono 6 su cento, da noi sono quasi il doppio, circa il 12. Più di una famiglia su nove che diventa povera per pagare cure che non riceve dal sistema sanitario regionale. Nella sostanza un diritto non garantito con anziani che rinunciano ai farmaci, genitori che non possono dare cure odontoiatriche ai figli. E anche chi non si riduce in povertà, ma si trova di fronte a liste d’attesa insostenibili e sceglie la via della sanità privata non si può dire che abbia garanzia della sanità pubblica e livelli adeguati di assistenza. E lo stesso si può dire anche per quel 25 per cento di malati oncologici costretti che vanno a curarsi fuori regione la Regione salda i conti salati degli ospedali, i cittadini quelli di trasferte, vite stravolte e lavoro abbandonato. Dobbiamo mirare alla sostanza.
Ombre ma anche luci. Lei prima ha fatto riferimento agli screening e proprio sugli screening la Basilicata riceve una promozione nel rapporto Svimez.
Non posso che esserne contento. Ma non posso non notare che si tratta di programmi avviati due decenni fa, con lungimiranza. Anche allora la Basilicata era tutt’altro che la Regione più ricca d’Italia ma si scelse di puntare sulla prevenzione e quella scelta ha pagato, ripeto in termini innanzitutto umani ma anche economici, e continua a pagare. È la dimostrazione che qualcosa si può fare e si deve fare. Anche trovando le risorse necessarie.
Ma come si trovano le risorse necessarie?
Quando andavo all’università in un’aula campeggiava una scritta: “Se la vita ti dà solo limoni fatti una limonata”. Parafrasando, il Centrodestra lucano con una sanità che fa acqua sceglie di dare acqua scontata ai lucani. Giusto intervenire sulle bollette di chi non ce la fa (e c’è già una norma nazionale per farlo) ma qui per metter su una misura che potesse diventare uno spot elettorale si sono sottratte risorse ad altri ambiti. I pochi euro risparmiati su una bolletta non basteranno alla prima occasione in cui bisognerà fare una visita cardiologica, una ecografia o una prestazione odontoiatrica privatamente. I diritti dei cittadini vanno messi prima delle mance. E, per questo, forse, c’è bisogno di un’opera di sanificazione principalmente dell’etica pubblica.
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