Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso presentato da TotalEnergies Ep Italia Spa, Shell Italia E&P Spa e Mitsui E&P Italia B Srl, le tre compagnie titolari del giacimento Tempa Rossa, ha annullato il decreto ministeriale di approvazione del cosiddetto Pitesai, il Piano per la transizione ecologica sostenibile delle aree ritenute idonee ad ospitare nuove attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Per quanto riguarda la Basilicata, è specificato in un servizio online della Nuova (https://www.lanuova.net/petrolio-il-tar-del-lazio-accoglie-il-ricorso-delle-multinazionali-annullato-il-pitesai-nella-parte-che-riguarda-i-giacimenti-di-tempa-rossa-e-della-val-dagri/) lo stop agli effetti del Piano riguarda in primis la concessione Gorgoglione che si estende a cavallo tra le province e Matera nell’ambito del giacimento Tempa Rossa: un’area di circa 290 metri quadrati che comprende i territori dei comuni di Corleto Perticara, Guardia Perticara, Anzi, Castelmezzano, Pietrapertosa, Laurenzana, Missanello e Armento per la provincia di Potenza, Gorgoglione, Cirigliano, Stigliano, Accettura e Aliano per quella di Matera. I giudici amministrativi hanno preso la stessa decisione anche in riferimento al ricorso proposto da Shell per la concessione Val d’Agri. Il Piano, secondo i giudici, era stato stilato sulla base di una serie di fattori escludenti che avevano innescato una serie di divieti molto rigidi senza una preventiva valutazione specifica per ciascun sito. Le compagnie ricorrenti – si legge in una nota dell’agenzia Ansa – sostenevano l’illegittimità del Pitesai in quanto: approvato in assenza del necessario concerto con il Ministro dello sviluppo economico; emesso in esito a una istruttoria gravemente carente; adottato oltre il termine perentorio stabilito dal legislatore; irragionevole e non proporzionale. Tra le motivazioni che il collegio aveva ritenuto fondate – è spiegato in un servizio di Rainews.it Giacimento Tempa Rossa, il Tar del Lazio dichiara nullo il Pitesai (rainews.it) – c’era quella relativa alla individuazione delle aree idonee. Invece di procedere a una valutazione specifica per ogni sito, il Piano – spiegano i giudici – aveva applicato una serie di “fattori escludenti” dando via a divieti molto rigidi ed estesi. Fondata anche la censura relativa alla necessità di subordinare la proroga delle concessioni a una analisi costi-benefici definita “complessa e aleatoria”.
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