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Affondo al centrodestra della gestione del potere, rafforzato dagli “specialisti” Pittella, Polese e Braia, ma un altolà anche agli alleati: Se si cambia, stavolta si cambia sul serio anche metodo. Un vero sorpasso a 5 stelle e Pd sulla questione morale e sulla trasparenza
Ma Bcc è l’acronimo di Basilicata Casa Comune o di Basta Coi Cacicchi? Perché Angelo Chiorazzo & Company sembrano avere una lama a doppio filo: affondi contro il centrodestra e Bardi che ha guidato “il peggior governo che la Basilicata abbia mai avuto”, contestazione puntuale di tutte le nomine clientelari fatte per “amici locali” o dettati da Roma, ma anche moniti (ad essere buoni) al centrosinistra con un decalogo (5 “NO” e 5 “SI”) per mandare definitivamente in soffitta il “vecchio centrosinistra”.
Come a dire che se “storia nuova” deve essere, sia storia nuova fino in fondo. Così, anche facendo storcere il muso a qualcuno degli alleati, Basilicata Casa Comune ha deciso di giocarsi una delle sue finestre più importanti in questo finale della campagna elettorale: una conferenza stampa a 9 giorni dal voto, per presentare un “Manifesto di impegno per la legalità e la trasparenza e per il rinnovamento del centrosinistra”, che ha fatto sottoscrivere ai suoi candidati e chiesto di sottoscrivere a tutti i candidati della coalizione. Impegni non generici, ma punti chiari e concreti.
Sì al merito come unico metro di selezione;
Sì alla legalità e alla trasparenza come unica via per una corretta gestione;
Sì alla solidarietà verso chi ne ha bisogno, quando ne ha bisogno e nella misura in cui ne ha bisogno;
Sì al rigore nella spesa ma la priorità a dare risposta ai bisogni dei cittadini;
Sì all’uguaglianza di tutti per i diritti e le opportunità.
No a incarichi di governo dati come riconoscimento di notabiliti politici;
No al sottogoverno inteso come consolazione per trombati della politica;
No a nomine come parcheggio di manager graditi ai partiti romani;
No alla politica intesa come strategia per ottenere incarichi professionali;
No alla spesa pubblica come strumento per comprare il consenso e accontentare amici.
Una rivoluzione che, per gran parte, sta tutta nei No. A partire dalle porte sbarrate a “notabili politici”, ai trombati dal voto e ai segnalati dai partiti centrali per gli incarichi di governo e sottogoverno. Un impegno, per esser chiari, che se fosse applicato oggi, decapiterebbe dall’assessorato regionale alle attività produttive (il fu deputato) Michele Casino, quello all’agricoltura (il trombato da assessore comunale di Potenza e promosso assessore regionale Alessandro Galella) e quello all’ambiente (il non eletto alla Regione Cosimo Latronico), per non parlare delle nomine ad Arpab, Parco della Val d’Agri, Asm, Asp, Crob, Sel, Farbas e via dicendo. Tutti di centrodestra, è chiaro, ma l’altolà lanciato dall’Angelico pare dire: non pensate che cambiare il governo della Basilicata possa voler dire solo cambiare i nomi dei beneficiari: si cambia metodo. Un problema per qualche “vecchio arnese del Pd” che dovrà mettere a tacere le sue speranze di tornare in pista, ma non estraneo ai Cinque stelle che pure hanno qualche “ex qualcosa” in panchina che non disdegnerebbe un impegno con relativo appannaggio. Per non parlare del listone Psi Avs e via dicendo. Un impegno preso in solitaria (lo firmeranno tutti gli altri?) in cui però Basilicata Casa Comune ha un punto di vantaggio che dice senza mezzi termini: i veri “specialisti” di queste pratiche, dalla dinastia Pittella con la gemmatura Polese, alla dinastia Braia, sono col centrodestra. “I protagonisti di quella stagione – spiegano l’Angelico e gli altri di Bcc – oggi hanno calato la maschera e sono tutti saliti sul carro del potere del centrodestra”.
Ma il documento non la tocca piano nemmeno coi compagni di viaggio: perché, spiegano da Bcc “la Basilicata è una terra di centrosinistra e se il centrodestra ha vinto non è certo colpa degli elettori, ma delle forze del campo progressista che nel passato hanno dato un pessimo spettacolo tra opportunismi, personalismi, esasperazioni, moralismi e doppiopesismi”. Nessun nome, nessuna sigla, ma non è difficile farsi qualche idea. Come non è difficile farsi un’idea per la censura dei comportamenti di chi intende “arrogarsi il diritto di dare patenti e mettere le persone l’una contro l’altra invece di unirle per il bene collettivo”. Molto è stato fatto, dicono Chiorazzo e amici, molto c’è ancora da fare. E in attesa dell’esito delle urne, il sorpasso degli alleati sulla questione morale e sulla trasparenza è già realtà.