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Milioni pubblici alla Dinastia Pittella

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POTENZA – Una dinastia che somiglia molto ad un’impresa. Non costruisce palazzi o produce oggetti. Opera da oltre mezzo secolo nel redditizio terreno della Politica. Non è solo presente, ma condiziona la vita dei partiti e soprattutto dei lucani, con permanenza nel Centrosinistra e con soste nel Centrodestra. Da oltre 50 anni si alimenta anche di pubblico denaro, con oscillazione solo degli importi delle diverse indennità in base alla postazione occupata. Il totale del percepito, gravato sui contribuenti, è una cifra da capogiro.
Il capostipite politico, don Mimì Pittella, senatore della Repubblica dalla Sesta all’Ottava legislatura, ha incassato l’indennità parlamentare da maggio del ’72 a luglio 1983. Undici anni, ad una media mensile (valutata oggi) di 15mila euro: 137 mesi, oltre due milioni. Lasciato lo scranno di Palazzo Madama, ha poi ottenuto il vitalizio di 4.581 euro al mese fino alla morte: oltre 1,5 milioni di euro.
Non è andata e non va male neppure a Gianni Pittella, “enfant prodige” della politica lauriota, regionale, nazionale ed europea. Primogenito di don Mimì, a 22 anni consigliere regionale dal 1980 al 1996, tre anni deputato, 18 anni parlamentare europeo, 5 anni senatore, oggi sindaco. Facendo un calcolo approssimativo ha incamerato indennità dalla Regione Basilicata per 16 anni, ad una media mensile di 8.000 euro, un milione e mezzo; 8 anni da parlamentare, un altro milione e mezzo; e 18 anni da europarlamentare, 23mila euro mensili, per un totale di poco meno di 5 milioni. Lasciate le poltrone colore cardinalizio, percepisce oggi i consistenti vitalizi dal Parlamento Europeo, da Camera e Senato, mentre alla Regione Basilicata avrebbe optato per la restituzione del danaro lasciato mensilmente nelle casse dell’Assemblea. A questa somma va, inoltre, aggiunta l’indennità di sindaco, briciole.
Indennità da sindaco anche per il terzo Pittella, Marcello, che è consigliere regionale dal 2005, con diversi incarichi. Diciotto anni, oltre 200 mesi, per un importo complessivo di poco inferiore ai due milioni di euro.
Insomma, un’impresa economicamente rispettabile, che, pur tra alterne vicende, non ha mai conosciuto crisi e diminuzioni di reddito.
La Dinastia dei Pittella cominciò a svegliarsi in concomitanza dell’istituzione delle Regioni. Era il 1970. Don Mimì, aveva militato al seguito del democristiano Picardi, ma ruppe quando l’Onmi (Opera Nazionale Maternità e Infanzia), cui aspirava da medico, fu invece assegnata al suo collega Antonio Bonomi di Trecchina. Elesse 4 consiglieri al Comune di Lauria e con essi, suoi collaboratori, s’inserì nel governo locale dove Psi e Psdi raggiungevano 14 seggi su 30, Dc in minoranza. Ne derivò un facilitato trasferimento nel Psi che, dopo la scissione del Psiup, si ricostruiva con Elvio Salvatore. Don Mimì, da socialista di punta, cominciò ad accarezzare l’imprenditoria privata. Cominciò a costruire la famosa Clinica per la quale, dopo il passaggio delle deleghe, cercò di ottenere le convezioni dalla Regione. Iniziò un braccio di ferro fino alla vicenda giudiziaria con l’accusa di amicizia con le Brigate Rosse, il loro progetto di rapire l’assessore regionale socialista Fernando Schettini, la condanna a circa 11 anni di carcere, l’esilio, la Grazia parziale del Presidente della Repubblica Ciampi, la vendita della struttura sanitaria di famiglia alla Regione Basilicata.
Da democristiano a socialista, l’ex presidente della Commissione Sanità del Senato, espulso dal partito del Garofano, tentò subito la resurrezione politica, aderendo alla Lega Meridionale, costituendo la Lega Italiana con il capo della Loggia massonica P2 Licio Gelli, Fronte del Sud e Lega Nazional Popolare con il terrorista dell’estrema Destra neofascista Stefano Delle Chiaie fino alla candidatura alle politiche del 1992 nel Movimento Sociale Italiano. Da Sinistra a Destra, senza scrupolo e senza vergogna.
Più coerente politicamente la permanenza di Gianni in Politica, rimasto inchiodato nel Centrosinistra, fino alla mancata scalata alla Presidenza del Parlamento Europeo. Fedeltà rinnovata anche ora in vista delle prossime regionali.
Nelle sue vicende politiche e nell’appartenenza partitica e correntizia, lo ha sempre seguito il fratello più piccolo, Marcello il “gladiatore” ferito, che è approdato nel Centrodestra pur di fare uno sgarro a quella Sinistra che lo ha sempre alimentato e sostenuto. La sua coerenza è andata a picco. Per cinque anni, ogni mese, ogni giorno, ogni ora, quasi ogni minuto ha fatto le pulci al suo successore, etichettandolo in tutti modi dispregiativi possibili e ora lo sostiene. Con quale contropartita?
E’ proprio vero che “buon sangue non mente”, soprattutto nei prototipi del gattopardismo che non vogliono mai interrompere il flusso delle indennità, del potere, della visibilità.
Insomma, dopo o senza di me, deve esserci il nulla.
Peccato che ogni dinastia è condannata all’oblio. Cinquant’anni, anche per i Pittella, sono davvero troppi. Lo verificheremo a breve.