“Subito la costituzione dei comitati referendari per abrogare la legge Calderoli. Sarebbe poi opportuno che tutti i consiglieri regionali della minoranza, oltre ad una ferma rimostranza contro il modus operandi adottato dalla destra che governa la Regione Basilicata, avanzassero immediatamente in Consiglio la proposta di impugnazione della legge Calderoli”. È il messaggio lanciato dal segretario generale dello Spi Cgil Basilicata, Angelo Summa, all’incontro promosso dal sindacato dei pensionati lucani “Autonomia differenziata e premierato. Storia di una società che precipita” al Park Hotel di Potenza. Un confronto a più voci cui hanno portato il loro significativo contributo – dopo il salute del segretario generale della Cgil Basilicata, Fernando Mega – Gaetano Azzariti, professore ordinario di Diritto Costituzionale all’Università La Sapienza di Roma; Roberto Fico, già Presidente della Camera; Christian Ferrari, segretario nazionale Cgil; Rosy Bindi, già ministra della Salute e della famiglia; Tania Scacchetti, segretaria generale Spi Cgil e Elisabetta Piccolotti, deputata Avs, componente della VII Commissione (cultura, scienza, istruzione).
“Le preoccupazioni per i destini del Sud – ha aggiunto Summa – non sembrano inquietare i sonni della destra che governa la Regione Basilicata e del presidente Vito Bardi che, calpestando procedure e istituzioni, a oltre due mesi dal voto, non ha eletto l’ ufficio di presidenza del Consiglio. Un comportamento irresponsabile, che costituisce un permanente sfregio alle più elementari regole legislative e statutarie”. Per Summa di fronte a questo scenario “dobbiamo sapere mettere a sistema una forte opposizione unitaria, una grande mobilitazione di popolo, e mettere al sicuro quanto di più prezioso hanno i cittadini: il welfare e la democrazia”.
Il dirigente sindacale ha sottolineato come “senza il meridione non c’è l’Italia. Se non cresce il sud – ha detto – non cresce il Paese. Per questo nell’interesse unitario di tutti gli italiani è necessario fermare l’autonomia differenziata e ripartire dalle politiche di rilancio del Mezzogiorno che avevano avviato gli ultimi Governi. Una stagione chiusa brutalmente dalla premier Giorgia Meloni, che sta smantellando tutte le misure che servivano ad arginare le condizioni drammatiche che vivono le donne e gli uomini del Sud Italia”. Secondo la Cgil “la Basilicata è l’esempio lampante della scelleratezza e dell’insipienza di tale politica. Il prezzo che sta pagando è quello dello spopolamento e dell’emigrazione sanitaria, a cui si aggiungono le folli politiche della giunta Bardi sul petrolio e il silenzio assordante sul caso Stellantis.
È ormai chiaro a tutti – ha ripreso Summa – che il governo Meloni intende scaricare i costi delle sue politiche sul Mezzogiorno. Per far passare l’osceno disegno leghista della “secessione dei ricchi”, la destra meloniana ha preteso in cambio, infatti, il famigerato progetto del “premierato”. L’elezione diretta del Presidente del Consiglio per il numero uno dello Spi Cgil Basilicata “segnerebbe la definitiva umiliazione del Parlamento, già oggi ridotto a ruolo notarile e piegato dal continuo ricorso ai decreti legge, e la perdita del primato del Presidente della Repubblica, quale garante della Costituzione e dell’unità del Paese. I cittadini hanno capito e reagiscono. E il governo Meloni
rilancia e imbocca la strada delle controriforme istituzionali, che distruggono unità del Paese e democrazia. Basti pensare che la reazione alla sonora sconfitta alle comunali è stato il progetto di volere cambiare le regole del voto, per averne di più favorevoli. Il governo Meloni ha scelto in quale campo giocare, attaccando la Costituzione. Per riuscirci non esita ad attaccare tutte le istituzioni di garanzia proprie di una società democratica: l’informazione, la magistratura, il Presidente della Repubblica, il Parlamento.
Ma il vero obiettivo della maggioranza – ha precisato Summa – è far saltare una volta per tutte l’equilibrio dei poteri. Le Regioni vogliono trattenersi parte degli introiti derivanti dalla fiscalità generale oggi spettante allo Stato, facendo così venir meno quel principio di solidarietà tanto caro ai nostri costituenti. E per comprendere la corretta dimensione della questione, è bene tener presente che oggi lo Stato spende per un cittadino del Veneto circa 19 mila euro rispetto ai 14 mila spesi per quelli della Basilicata.
Quello che accadrà a sanità e istruzione con l’autonomia – ha concluso – è chiaro a tutti: desertificazione totale del sud Italia, con medici e personale qualificato che andranno nelle regioni più ricche pronte a pagare di più, con diritti alla salute differenziati e “gabbie educative” che discriminano residenti e non. La risposta delle forze democratiche e progressiste non può essere che una: contrastare questi progetti che frantumano il Paese e mettono in discussione i valori costituzionali e democratici”.
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