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Così Pittella, da fine stratega, ha vinto alla grande, facendo credere di essere stato sconfitto

Oggi dalle 16 è in programma una importante seduta straordinaria del Consiglio regionale, convocata del neo eletto presidente del parlamentino lucano, Marcello Pittella. Informahttps://www.consiglio.basilicata.it/consiglioinforma/notizia.html?t=ACR&id=256897

A tal proposito, su gentile concessione dell’autore, pubblichiamo integralmente un interessante editoriale di Nino Grasso, uscito nell’edizione di ieri della Nuova del Sud, che lascia intendere qualche possibile scenario futuro e che ci fa porre almeno un paio di interrogativi: “Ma Bardi ha fatto bene ad allearsi con un politico di spessore come il “gladiatore”? Di chi saranno i riflettori?” Buona lettura.

di Nino Grasso

POTENZA – A dispetto di ciò che per settimane Marcello Pittella è andato dicendo, spesso utilizzando toni ultimativi che lasciavano intendere un’apparente, quanto irriducibile, ansia di governo da tacitare con un posto in seno alla nuova giunta Bardi in fase di definizione, abbiamo sempre creduto che il leader lucano di “Azione” stesse bluffando. E ancor più ne siamo convinti oggi, dopo la sua elezione a presidente del Consiglio regionale, avvenuta venerdì scorso col voto compatto dei tredici consiglieri di maggioranza e l’astensione dei sette esponenti della minoranza presenti. Assente, per motivi di salute, solo Angelo Chiorazzo, di Basilicata Casa Comune, per fortuna in piena ripresa dopo i postumi di un delicato intervento chirurgico, a sua volta eletto vicepresidente del parlamentino lucano, al pari della “sorellina” d’Italia, Maddalena Fazzari, con Gianuario Aliando e Viviana Verri, rispettivamente di Fi e M5s, chiamati a completare la cinquina dell’Ufficio di Presidenza, in qualità di segretari.

Da fine stratega qual è – ed avendolo visto all’opera da vicino per un po’ di anni non fatichiamo a riconoscergli doti politiche che ne fanno uno dei pochi cavalli di razza presenti sulla piazza – Marcello Pittella ha abilmente sviato l’attenzione dal suo vero obiettivo: la Presidenza del Consiglio, appunto.

Ben sapendo che a quella postazione aspirava con particolare bramosia il suo ex “pupillo” Mario Polese, di Italia Viva, nel frattempo camuffatosi da “orgoglioso lucano” nella lista scesa in campo, nelle due province, a sostegno del presidente uscente, Vito Bardi, l’ex governatore di centrosinistra, costretto a passare con armi e bagagli nel fronte opposto per l’insipienza dei leader nazionali di Pd e Movimento Cinque Stelle, si è guardato bene dal manifestare, sin dall’inizio, le sue reali preferenze. Anzi, facendo credere di essersi “sacrificato” in veste di mancato assessore per il bene della coalizione di centrodestra della quale oggi fa parte, Pittella si è guadagnato il <ringraziamento> ufficiale di Bardi. E forse, sottobanco, anche qualche postazione di sottogoverno in più. Della qual cosa non tarderemo a verificare gli effetti.

Sta di fatto che intelligentemente Pittella ha lasciato il cerino acceso della <quota rosa> nelle mani di Orgoglio Lucano. Cioè di Mario Polese. Il quale – per quello che ne sappiamo – non sta facendo salti di gioia dinanzi alla prospettiva di dover indicare l’ex parlamentare Maria Antezza, cognata di Luca Braia, primo dei non eletti della lista del presidente della città dei Sassi, ad assessore regionale “esterno”, al solo scopo di tacitare le pur giuste richieste di rappresentanza politica dell’ala materana dei renziani.

Aggiungiamo che per il suo ben noto carattere di <pasionaria> alla Dolores Ibarruri, la rivoluzionaria spagnola mito di tutte le donne impegnate in politica, Maria Antezza, da eventuale neo-assessore, metterebbe sul tavolo della giunta molti più attributi di qualche azzimato e mellifluo futuro “collega”, già visto all’opera negli ultimi cinque anni all’interno dell’aula Dinardo. Il che, dal punto di osservazione del governatore lucano, deve essere un vero incubo. Tanto più dopo che per quasi una intera legislatura il generale di Filiano è stato costretto a sopportare una non meno agguerrita Donatella Merra. La stessa che rischia di rientrare in Consiglio, di qui a qualche mese, al posto di Alessandro Galella, in forza dei trenta e passa voti in più (rispetto ai soli cinque che al momento la vedono alle spalle del compagno di Fdi, in procinto di subentrare ad un assessore del proprio partito) che il Tar della Basilicata potrebbe assegnarle in sede di discussione del ricorso presentato nei giorni scorsi. Appuntamento, dunque, a fine settembre per sapere come andrà a finire la contesa a colpi di carta bollata in casa meloniana. Per intanto, tornando a Pittella e al suo ruolo di garante della centralità del Consiglio regionale – ruolo che il suo predecessore, Carmine Cicala, non è stato assolutamente in grado di esercitare, essendo stato di fatto lo zerbino di Bardi e della maggioranza di centrodestra – va dato atto al leader di “Azione” di aver messo subito le cose in chiaro. E se il buon giorno si vede dal mattino, tanto i contenuti del discorso pronunciato a braccio da Pittella, con un eloquio fluente e accattivante che altri vertici istituzionali fanno fatica a emulare anche quando si trovano tra le mani un discorso scritto da altri; quanto il “decisionismo” mostrato nel far approvare l’iscrizione all’ordine del giorno del prossimo Consiglio regionale la mozione presentata dalle opposizioni sul “no” alla legge Calderoli sull’Autonomia differenziata, appaiono forieri di un <cambio di passo> che ovviamente sarà messo costantemente alla prova. Ma che sin dalle prime battute ha autorizzato gli stessi esponenti di minoranza a concedere una importante <apertura di credito>, attraverso la <scheda bianca> inserita nell’urna all’atto dell’elezione del presidente dell’assemblea. Cosa che cinque anni fa non era accaduta.

E ancora. Essendo di pubblico dominio l’aspirazione di Marcello Pittella a concludere la propria esperienza politica in altri consessi istituzionali – come s’è visto in occasione delle ultime elezioni europee – è facile prevedere che alle prossime politiche egli sarà di nuovo in pista per un posto in Parlamento. Solo che per trasferirsi a Montecitorio o a Palazzo Madama non gli basteranno i soli voti di “Azione”. E se l’erede di <don Mimì>, con l’aiuto del fratello Gianni, vorrà catalizzare quei consensi dell’area progressista che nel 2022 gli sono venuti meno, anche per effetto della guerra fratricida ingaggiata (sempre per colpa dei vertici nazionali Pd) con l’ex compagno di partito, Vito De Filippo, egli dovrà necessariamente essere l’alter ego di Vito Bardi. O meglio, dovrà essere il suo contraltare. Un po’ come fece l’ex senatore Romualdo Coviello nel 1985, con l’allora neofita presidente della giunta regionale, Nino Michetti, entrambi democristiani.

I meno giovani lo ricorderanno: il primo capo dell’esecutivo materano, già sindaco di Pisticci, chiamato a guidare la Regione Basilicata in nome dell’alternanza territoriale inventata in quell’occasione dal potente segretario regionale della Dc, Tonio Boccia, fu costretto, per due anni, prima delle politiche del 1987, a convivere con Romualdo Coviello. Il quale, da presidente del Consiglio, sembrava – e si comportava – da vero titolare della rappresentanza regionale. E da autentico punto di riferimento istituzionale della comunità lucana. Poi, è vero, Nino Michetti, nei tre anni successivi, dopo il trasferimento di Coviello in Parlamento, seppe riscattarsi abbondantemente, lasciando un buon ricordo di sé. Cosa che, temiamo, Vito Bardi difficilmente riuscirà a fare. Anche quando, in un eventuale futuro, non dovesse più avere Marcello Pittella tra i piedi.

SFR

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